lunedì 27 novembre 2017

le OPERE DEI MAESTRI INTARSIATORI SORRENTINI nella CHIESA DEL CARMINE MAGGIORE a Napoli

Il Crocifisso che evita la palla di cannone piegando la testa di lato, Masaniello che qui trova la morte ma anche il rispetto grazie ad una lapide che i carmelitani vollero dedicargli, i nazisti che cercano senza riuscirci di trafugare i resti di Corradino di Svevia; Mamma d'o Carmene" e quante cose successero nella Basilica santuario di Santa Maria del Carmine Maggiore di Napoli.
Ecco perchè per me , scoprire che in luogo in cui si mescolano storia e religione, proprio sulla porta della sala delle Confessioni vi sono due opere realizzate dai maestri intarsiatori sorrentini: Francesco Ercolano ed Enrico D'Errico, rappresenta un motivo di vanto e di orgoglio. E non solo per me, anche per tutta Sorrento.


(pM)
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OGGI TI RACCONTO NAPOLI: Basilica santuario di Santa Maria del Carmine Maggiore di Napoli



Basilica santuario di Santa Maria del Carmine Maggiore di Napoli:





E pensare che anche il quadro della VERGINE BRUNA è un emigrante. Trasportato da alcuni monaci dal Monte Carmelo in Palestina per sfuggire alla persecuzione dei Saraceni, ha trovato rifugio e riparo a Napoli; Qui, la VERGINE BRUNA divenne ben presto la mamma di tutti i napoletani che affettuosamente iniziarono a chiamarla :
Mamma d'o Carmene", proprio per ricordarne la terra lontana da dove arrivava.

(pM)

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Mamma d'o Carmene" e quante cose successero nella Basilica santuario di Santa Maria del Carmine Maggiore di Napoli:

*IL MIRACOLO DEL CROCIFISSO

Il miracolo del crocifisso" è legato alla lotta, nel secolo XV, tra gli Angioini e gli Aragonesi, per il dominio di Napoli. Già dominava in Napoli Renato d'Angiò, il quale aveva collocato le sue artiglierie sul campanile del Carmine, trasformandolo in vera fortezza, quando Alfonso V d'Aragona assediò la città, ponendo l'accampamento sulle rive del Sebeto, nelle vicinanze dell'attuale borgo Loreto.
Secondo la tradizione il 17 ottobre 1439, l'infante Pietro di Aragona fece dar fuoco a una grossa Bombarda detta la Messinese, la cui grossissima palla, (ancora conservata nella cripta della chiesa), sfondò l'abside della chiesa e andò in direzione del capo del crocifisso che, per evitare il colpo, abbassò la testa sulla spalla destra, senza subire alcuna frattura. Il giorno seguente, mentre l'infante Pietro dava di nuovo ordine di azionare la Messinese, un colpo partito dal campanile, dalla bombarda chiamata la Pazza, gli troncò il capo.
Re Alfonso tolse allora l'assedio, ma quando, ritornato all'assalto nel 1442, il 2 giugno entrò trionfalmente in città, il suo primo pensiero fu di recarsi al Carmine per venerare il crocifisso e, per riparare l'atto insano del defunto fratello, fece costruire un sontuoso tabernacolo.

*MASANIELLO

1647: Il 16 luglio, giorno della festa della Madonna del Carmine, dalla finestra di casa sua, cercò inutilmente di difendersi dalle accuse di pazzia e tradimento che provenivano dalla strada. Sentendosi braccato cercò rifugio nella chiesa del Carmine, e qui, interrompendo la celebrazione della messa, si spogliò nudo e iniziò il suo ultimo discorso al popolo napoletano. I frati lo invitarono a porre fine a quel gesto poco edificante, ed egli obbedì, mettendosi a passeggiare nel corridoio principale del convento. Là lo raggiunsero alcune persone armate, che prima gli tirarono quattro colpi di archibugio, togliendogli la vita, e poi lo decapitarono. La testa mostrata al viceré fu portata in giro per la città mentre il corpo fu buttato in un fosso fuori la porta del Carmine. Non erano passate ventiquattr'ore che subito si videro i frutti dell'uccisione di Masaniello: il peso del pane diminuito e le gabelle rimesse in vigore. Il popolo si rese subito conto dell'errore e così ne raccolse il cadavere lavandolo nelle acque del Sebeto, la testa fu ricongiunta al corpo e subito portato in processione, il corpo fu sepolto all'interno della chiesa del Carmine. Alle tre del mattino, finita la processione, fu data sepoltura al feretro nella chiesa del Carmine, dove i resti di Masaniello rimasero fino al 1799. In quell'anno, dopo aver represso la congiura giacobina per la Repubblica Napoletana, Ferdinando IV di Borbone ne ordinò la rimozione al fine di evitarne l'idolatria popolare.
Fino agli anni sessanta del secolo scorso, nemmeno una parola ricordava i luoghi che videro l'uccisione e la sepoltura di Masaniello: fu così che i carmelitani decisero di tramandare ai posteri il ricordo di quegli eventi con due lapidi, una nel convento dei frati, l'altra in chiesa nel luogo della sepoltura.

*1943, I TEDESCHI E I RESTI DI CORRADINO DI SVEVIA

Nel settembre del 1943 si presentò in chiesa un gruppo di soldati tedeschi intenzionati a portare via i resti mortali di Corradino e intimarono padre Elia Alleva (unico religioso rimasto in custodia del tempio) di mostrargli il luogo della sepoltura. Il religioso pensò bene di portarli nel luogo ove si trova ancora oggi la lapide, frantumata per chi sa quali motivi e mutila delle parti che hanno indotto all'errore. Il sesto rigo, inizia con le seguenti parole: il piedistallo. Manca evidentemente la parte precedente; secondo il Quagliarella la parola mancante è dietro, ma in realtà dovrebbe essere dentro il piedistallo. I tedeschi interpretarono la lapide mutila secondo le indicazioni di Quagliarella ed in pochissimo tempo tolsero il cancelletto che è davanti al monumento e spostarono la statua con tutto il piedistallo due o tre metri dal suo posto. Furono spezzate le tre lapidi che erano a terra ma senza trovare niente; non si arresero e fecero anche un grosso buco nel muro del pilastro alle spalle del monumento, anche stavolta senza esito positivo. Andarono via e oggi le ossa di Corradino riposano ancora nel piedistallo della statua.

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.


mercoledì 22 novembre 2017

Sorrento: IL NAZARIO SAURO 1929 E LO "STADIO" DI PARSANO.

UNA PARTITA ALLO STADIO DI PARSANO

Sorrento: IL NAZARIO SAURO 1929 E LO "STADIO" DI PARSANO.

Il NAZARIO SAURO 1929 del "Presidente" Ugo De Angelis fu la prima vera squadra di calcio a Sorrento. Il Nazario Sauro nacque il 25 novembre del 1929. Ed era il nome dato alla locale sezione del dopolavoro, emanazione del partito fascista.

LO "STADIO" DI PARSANO
Il campo di gioco del Nazario era la pubblica piazza di Parsano, l'odierna piazza Antiche Mura.
Per poter giocare in questo "campo" il Presidente De Angelis era costretto a chiedere ogni volta l'autorizzazione al Questore di Napoli.
L'ostacolo più insidioso era la presenza "aerea"dei cavi elettrici ad alta tensione. Talvolta il Questore s' impuntava e bisognava insistere per ottenere l'autorizzazione. Ma il più tenace oppositore delle prime partite a Parsano fu don Aniello Vacca, proprietario di un giardino adiacente alla piazza stadio. Infatti quando il pallone finiva nel suo giardino, erano dolori. Per riaverlo ci voleva tutta l' arte diplomatica del Presidente Ugo De Angelis.
Il risvolto più bello della storiella, pochi potrebbero immaginarlo:
Vacca venne convertito al calcio.
Mezzi tattici della conversione furono i buoni uffici di un fratello ingegnere e, soprattutto, l'ingresso gratis a tutte le partite per Vacca e famiglia. Fino a trasformare don Aniello in uno dei più puntuali spettatori alle partite al Campo di Parsano.




Per giocare le partite, si iniziava a lavorare di buon'ora, la domenica mattina. C'erano soltanto le due porte, nient'altro. Ogni volta si doveva recintare e pulire, transenne e pagliarelle trasformavano la piazza in un "artigianale" stadio in miniatura. Gli spogliatoi, invece, erano ubicati in una vicina abitazione di via Sersale, grazie ad una famiglia disponibile a sopportare il fastidio.
Le squadre avversarie arrivavano con il Tram, salivano a piedi dal Corso Italia (all'epoca Corso Littorio)lungo via Sersale.
Le pagliarelle ostruivano la visuale dall'esterno, un dirigente faceva da cassiere, per entrare infatti bisognava munirsi di biglietto anche se si giocava in piazza. Ma il pubblico non mancava mai ed era sempre numerosa anche la presenza delle "TIFOSINE", giovani fanciulle sorrentine.
Il pallone era una rudimentale palla di cuoio tenuta assieme da un laccio mentre le casacche indossate dal Nazario erano nere o bianche, come capitava.



LE "TIFOSINE"
Fonte : Il Calcio a Sorrento Settant'anni di storia diAntonino Siniscalchi e Gianni Siniscalchi



martedì 21 novembre 2017

SECONDA GUERRA MONDIALE: UN BUON VINO VALE IL RISCHIO



Vico Equense 15 settembre 1943 , gli abitanti del Casale di Fornacelle, per procurarsi del vino diedero l’incarico a un gruppo di ragazzi del posto di scendere con due mezze botti, sempre attraverso il Rivo d’Arco e raggiungere, per via Cavottole il centro di Vico. Una volta riempite le botti, nella cantina di “Zecchetella” dovevano fare ritorno a piedi percorrendo in salita, la stessa strada da Seiano per Via Mirto lungo l’ex Villa Cilento. Proprio quel giorno i soldati tedeschi, dalla loro postazione difensiva nei pressi della villetta del Paradiso, scorsero queste persone, tra cui il giovane Antonio Staiano che, attraversavano furtivamente il sentiero , aprirono il fuoco con una mitragliatrice pesante . Fortunatamente, mancarono il bersaglio e il tutto si risolse con tanta paura, ma una lunga e minacciosa fila di fori di proiettili rimase per molti anni visibile lungo l’alto muraglione di tufo che costeggia, ancora oggi la salita della “ Quattro Vie”.


FONTE: VICOEQUENSEINSTORIA.IT

giovedì 16 novembre 2017

1873 , “IL GLORIOSO” di Meta affonda nel TRIANGOLO DELLE BERMUDA










18 Ottobre 1873 , Il veliero “IL GLORIOSO” di Meta, venne colpito da una forte tempesta nei pressi dell’ arcipelago delle Bermuda. Il bastimento dopo aver subito gravi danni allo scafo, e dopo un vasto incendio sviluppatosi a bordo, fece naufragio in un punto imprecisato dell’ Oceano Atlantico. Una parte dell’ equipaggio si mise in salvo sull’unica lancia superstite, mentre la rimante parte - composta da dieci persone – abbandonò IL GLORIOSO su di una zattera di fortuna. Dopo infinite peripezie, questo gruppo, ridotto a poche persone soltanto, finì su un isolotto deserto di qualche miglio di perimetro, in posizione lontana dalle rotte abituali. Qui i naufraghi rimasero per oltre due anni, finché furono salvati da una baleniera americana e sbarcati a FILADELFIA, da dove vennero rimpatriati in Penisola sorrentina.



*QUESTA STORIA VENNE RACCONTATA DAL GIOVANE CAPITANO CARLO ALVARO (nome probabilmente di fantasia) - IL 12 GENNAIO DEL 1876 - DURANTE UNA RIUNIONE TRA MARITTIMI TENUTASI AL CAFFE' di MATTEO FARIELLO ( a META) , RIUNIONE A CUI ERA PRESENTE IL CAPITANO DELLA MARINA, CARLO DE LUCA.




FONTE :
 LE VOCI DEL MARE – Antologia marinaresca sorrentina –
Di Roberto Vittorio Romano

lunedì 13 novembre 2017

DORINA da SORRENTO, la più AMATA e la più richiesta.






A Napoli il piacere abitava al Vico Sant´Anna di Palazzo dove  al civico n. 3 sorgeva lo storico 
"La Suprema"( l´attuale Chiaja Hotel De Charme ).
A "La Suprema" i facoltosi avventori attendevano Nanninella a´ spagnola, Mimì d´‘o Vesuvio, Anastasia ‘a friulana . Ma tutti i clienti della "casa" erano innamorati di Dorina da Sorrento. E ogni volta che si recavano alla "Suprema" chiedevano della giovane sorrentina che riusciva a soddisfare tutte le loro voglie.  Ormai avanti con l' età, si ritirò nella sua casa a Sorrento, e prima di morire sulla sua tomba volle far scrivere soltanto il suo nome d' arte: Dorina. 
Nome che capeggia ancora oggi su di una delle camere dell' Chiaja Hotel De Charme, che ha voluto rendere omaggio ad una delle donne più attraenti che vi soggiornarono.

FONTE PULCINELLA291

giovedì 9 novembre 2017

1868: Sorrento stampa moneta.




1868: Sorrento stampa moneta.

Con la conquista da parte di Garibaldi del Regno delle Due Sicilie e la costituzione del Regno d' Italia, nel 1861, cominciarono a sorgere vari problemi, fra i quali quello dell' unificazione della moneta con il suo "corso forzoso", il che provocò la scarsità di moneta spicciola. Sorse il cosiddetto "agio sul bronzo", per evitare il quale lo Stato autorizzò i Comuni ad emettere carta moneta.
Sorrento, fra una decina di Comuni nell' Italia meridionale ed oltre duemila nel Nord, vi provvide con la delibera del Consiglio Comunale del 30 Maggio 1868.
Il Sindaco, Tommaso Galano, svolse una relazione con la quale illustro' che, per il cambio di una Lira si era costretti a lasciare il 7% di agio, cioè ci si trovava di fronte ad una vera e propria usura.
Il C. Comunale, all' unanimità, delibero' l' emissione di biglietti frazionati da 5, 10 e 25 centesimi da porre in circolazione fino a quando se ne fosse avvertita la necessità.
Furono stabilite le norme di attuazione dell' adottato provvedimento, che precedevano lo smercio presso un ufficio appositamente installato da parte dello stesso Comune ed i portatori sarebbero stati rimborsati a vista, previa l' esibizione di tanta quantità di carta moneta che formasse almeno due Lire.
(... ) E' stato accertato che fino alla cessazione, che le emissioni delle Banconote del Comune di Sorrento furono due, con importo complessivo di biglietti per complessive L. 20. 000 la prima e L. 18. 400 la seconda.


Fonte: Sorrento si racconta
di A. CUOMO


mercoledì 1 novembre 2017

La "Creatura" di Achille Lauro nacque a Villa Angelina a Massa Lubrense.

 
|La "Creatura" di Achille Lauro nacque a Villa Angelina a Massa Lubrense. |

Nel 1935, nel periodo fascista, il federale della città decise di offrire i titoli di proprietà della società calcio Napoli ad Achille Lauro per trecentomila lire (all' epoca una cifra importante).
Dopo la morte di Ascarelli, i fascisti pensarono di affidare la squadra ad una persona vicina al Duce. Il compianto presidente, infatti era di origini ebree e per lo stesso motivo lo stadio a lui intitolato fu chiamato successivamente "Partenopeo".


Il federale preannuncio' la visita a Villa Angelina affermando di avere una creatura da affidargli. Il Comandante, tra dubbi e incredulità, pensò si trattasse davvero di un neonato. Fece preparare, così, da donna Angelina una culla, sistemata con cura in una camera accogliente e luminosa della bella e spaziosa villa di Massa Lubrense.
Tra lo stupore dell' uomo e la prontezza del dirigente, il Comandante accolse la proposta inattesa del federale. Quella creatura di cui prendersi cura non aveva né testa né gambe, ma era il Napoli, orfano del suo presidente Ascarelli. Quella creatura era quindi una borsa contenente i libri, i timbri, e i documenti vari che rappresentavano il Calcio Napoli. E'  così ebbe inizio la lunga epoca laurina del sodalizio azzurro.
Achille Lauro alternera' la carica di presidente effettivo e onorario fino alla morte, per quasi cinquant'anni e anche quando il Napoli non era più nelle sue mani dal punto di vista azionario, il Comandante continuò a  sentirsi sempre il padre di quella creatura nata a Massa Lubrense.


Fonte:
Achille Lauro il Comandante tradito.
Di Corrado Ferlaino con Toni Iavarone.